Con il provvedimento del 12 giugno 2025, il Garante privacy ha affrontato nuovamente il delicato rapporto tra accesso civico generalizzato e tutela dei dati personali. Lo strumento, previsto dall’art. 5, co. 2, d.lgs. 33/2013, consente a chiunque di richiedere documenti detenuti dalle amministrazioni, senza dover motivare l’istanza, al fine di garantire controllo diffuso e partecipazione.
Il caso riguardava la richiesta di un giornalista di accedere al certificato di laurea di un terzo coinvolto in un concorso pubblico e in un’indagine giudiziaria di rilievo mediatico. L’Università aveva negato l’accesso richiamando limiti legati alla riservatezza e allo svolgimento di indagini. L’RPCT ha quindi chiesto un parere al Garante. L’Autorità ha chiarito che, per negare l’accesso, occorre dimostrare un pregiudizio concreto e probabile alla privacy, non un generico richiamo alla tutela dei dati. Inoltre, la divulgazione volontaria di informazioni da parte dello stesso interessato riduce la possibilità di invocare la riservatezza.
Il provvedimento conferma l’approccio secondo cui la trasparenza è la regola e la riservatezza l’eccezione, con possibilità di bilanciamento attraverso l’oscuramento o l’anonimizzazione dei dati non necessari. In linea con le Linee guida ANAC e i recenti orientamenti, il Garante ribadisce che l’accesso civico generalizzato non richiede un interesse diretto o altruistico e che non sono ammissibili dinieghi fondati su mere opposizioni formali o su motivazioni di comodo.
La decisione segna un ulteriore passo verso un’amministrazione più aperta e responsabile, che deve garantire trasparenza senza sacrificare indebitamente la tutela dei diritti fondamentali.
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